Disposizioni ed interventi urgenti previsti dalla “Legge Bray “a favore delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche
Trattare del Decreto Legge n. 91 del 08 agosto 2013 denominato “Valore Cultura”, successivamente convertito in Legge con determinazione n. 112 del 07 ottobre 2013 (meglio conosciuta come: “Legge Bray” -nome del titolare del competente Dicastero in quel periodo- pubblicata in G.U. n. 236 del 08/10/2013) in maniera esaustiva ed approfondita richiederebbe sicuramente più di un articolo.
Diverse le molteplici aree tematiche a cui si rivolge e oltremodo già richiamate nel testo: “Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione dei beni e delle attività culturali e del turismo.”
Da subito il titolo evidenzia il carattere di straordinarietà con il quale si dovette intervenire –in piena estate 2013- per cercare di riprendere il “bandolo della matassa” in alcuni contesti specifici e dove si era andati oltre soglia, rischiando di raggiungere un vero e proprio punto di non ritorno.
Per quanto concerne gli ambiti oggetto d’intervento, veramente diversi e trasversali fra loro e per sommi capi, si va dal “Grande Progetto Pompei” ed attività in altri siti archeologici (art.1), alle attività d’inventariazione e digitalizzazione del patrimonio italiano (art.2), misure sulla regolare apertura degli Istituti e luoghi di cultura, Unesco ed industrie culturali (art.3), biblioteche ed archivi (art.4), “Nuovi Uffizi”, Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (art.5), Centri di Produzione artistica [musica, danza e teatro contemporanei] (art.6), eventi di spettacolo dal vivo (art.7), cinematografia e audiovisivo (art.8), trasparenza, semplificazione e efficacia del sistema di contribuzione in ambito di spettacolo (art.9), funzionamento dei teatri, enti pubblici e privati operanti nei settori dei beni ed attività culturali (art.10), Fondazioni lirico-sinfoniche (art.11), gli articoli, a seguire, riguardano norme di carattere prettamente tecnico ed amministrativo e concernenti l’entrata in vigore del dispositivo.
Noi, per studi, competenze, frequentazioni specifiche nella materia e disciplina, ci soffermeremo nella nostra disamina unicamente sull’art.11, ovvero quello concernente: “Disposizioni urgenti per il risanamento delle Fondazioni lirico-sinfoniche e il rilancio del sistema musicale di eccellenza.”
Lasceremo ben volentieri parola ad autorevoli esperti dei vari ambiti toccati dal dispositivo di Legge, ed ai quali daremo spazio, per approfondirne portata e considerazioni nella sua integralità.
Il contenuto dell’art.11 costituisce, di fatto, un’assoluta novità nella predisposizione ed attuazione di modalità e tempistiche d’intervento in caso di conclamato “collasso economico-finanziario” degli Istituti giuridici delle Fondazioni preposte ad attività artistico-culturali.
Prima dell’emanazione del vigente apparato normativo non esistevano analoghi o paritetici strumenti giuridico-amministrativi capaci di consentire interventi con reale efficacia in ausilio di crisi molto profonde, complesse, estremamente articolate di organizzazioni miste ed a connotazione pubblico-privato operanti in ambito artistico-culturale, quale per l’appunto le Fondazioni.
Infatti, il ricorso a procedure straordinarie di “commissariamento” avvenivano -né più né meno- alla stregua di qualsiasi altra entità aziendale a Partecipazione Pubblica. L’ evidente scollamento nell’utilizzo degli stessi strumenti giuridici (spesso inadeguati) e previsti dal legislatore impattavano con criteri di adattabilità (ovviamente mai contra legem) pur con innumerevoli difficoltà di applicazione.
Formuliamo qualche esempio pratico per meglio illustrare ponendoci domande e spunti di riflessione.
Qualcuno può ipotizzare che la crisi di una Fondazione lirico-sinfonica, pur intervenendo in procedura di commissariamento (analoga nelle forme) possa essere gestita con le identiche peculiarità di altra azienda pubblico-privata come ad esempio Alitalia? Solo per citare un caso emblematico.
E la bad company di un Teatro, come si può realizzare, ammesso e non concesso che contestualmente possa essere costituita la “nuova” good company?
La gestione delle immobilizzazioni materiali ed immateriali di un Teatro o di un’Orchestra Sinfonica -a maggiore ragione se in difficoltà- possono essere gestite in un bilancio di esercizio alla stessa stregua di un’azienda di produzione o perfino di servizi in senso ampio e generale?
Da tempo auspichiamo che il Ministero intervenga anche in suddetta materia avvalendosi di consiglieri qualificati nella proposizione di modifiche, urgenti ed altrettanto necessarie, per non lasciare in balia di eventi operatori culturali (soprattutto privati: i più deboli ed esposti) ad un quadro Tax & Legal incerto, spesso opaco e di difficile interpretazione.
Ma ritornando alla “Legge Bray” ed all’art.11.
E’ particolarmente evidente, scorrendolo in tutti i commi che lo compongono ed anche rispetto ad una complessiva lettura integrale del dispositivo di Legge, che il legislatore si è maggiormente avvalso ed affidato a specifiche e trasversali competenze tecniche con solide conoscenze di tipo amministrativo-gestionale/culturale-artistico.
Probabilmente, in questo frangente, il carattere di urgenza più volte invocato in tutti gli ambiti toccati dalla Legge era maggiormente avvertito.
Infatti -da lì a poco- abbiamo assistito ai primi “cataclismi”, alcuni brillantemente risolti (anche grazie alla corretta applicazione della “Legge Bray”), alcuni ancora in corso (e ci auguriamo presto possano risolversi con identico successo) altri, purtroppo, latenti e prossimi senza voler essere forieri di sventure.
Operativamente il piano d’intervento “fa leva” su due presupposti di partenza:
Prima però di passare all’illustrazione dei presupposti tecnici di applicazione del modello di operation solutions, è molto interessante soffermarsi su di un altro aspetto -e non di poco conto- che nell’economia generale di una complessiva rivisitazione delle Governance delle Fondazioni lirico-sinfoniche è stato preventivamente accolto e recepito nella “Legge Bray” con straordinaria lungimiranza.
In verità già la trasformazione del soggetto giuridico dei Teatri d’Opera da “Enti Lirici” a “Fondazioni lirico-sinfoniche” (sancita a partire dal Decreto Legge nr.367 del 29/6/1996, successivi ordinamenti legislativi, protrattisi almeno fino a circa il 2010, e che sostanzialmente andavano a rivedere la “storica” Legge nr.800/1967, caposaldo e forse “non tutta da buttare”) decretavano anche la fine del Sovrintendente/Presidente come unica figura a guida del Consiglio di Amministrazione, con l’introduzione di due figure distinte: il Presidente, carica sempre attribuita al Sindaco della città dove è insediata la Fondazione; del Sovrintendente, scelto nel novero dei Consiglieri di Amministrazione nominati dai soci della Fondazione.
Questo come potete ben immaginare, costituì un significativo passaggio di sgretolamento di quel “centralismo statale” che vedeva -fino a quel periodo- unicamente una gestione dirigistica dei Teatri d’Opera. Al fianco di organi periferici della Pubblica Amministrazione, sempre più “attori” (in particolare i Comuni: Sindaco-Presidente del CdA) di maggiore rilievo diventa la compresenza del privato; a partire -in particolare- dalle Fondazioni Bancarie; anche loro nei primi anni Novanta, interessate ad un significativo processo di trasformazione (“privatizzazione” e “separazione” dagli asset societari dagli Istituti di Credito; conferimento -per Legge- di specifiche mission, fra cui interventi nel “Terzo Settore”), pertanto anche in Cultura.
La “Legge Bray”, proseguendo in questo filone di adeguamento e rivisitazione complessiva di modelli di governance ai tempi in cui viviamo, anche in ambito artistico-culturale (di solito molto più marcati in altri segmenti di attività; pensiamo alle banche) ha sancito, con decorrenza 1° gennaio 2015, la trasformazione di tutti i “Consigli di Amministrazione” delle Fondazioni Liriche Sinfoniche in “Consigli di Indirizzo”. Rimane vigente, unica eccezione già precedentemente contemplata per l’ “Accademia Nazionale di Santa Cecilia”, dove Presidente/Sovrintendente coincidono nella stessa figura; non potrebbe essere stato diversamente, se non dovendo prevedere una “simultanea” carica del Sindaco di Roma, già Presidente -per statuto- del Teatro dell’Opera.
Solo apparentemente la determina dei “Consigli di Indirizzo” può essere giudicata un’operazione di maquillage & restyling. Almeno per due motivi: il primo per il fatto di essere stata inserita ed approvata dapprima in un Decreto Legge (poi convertito in Legge) tutto improntato alla straordinarietà ed urgenza di provvedimenti non più procrastinabili; il secondo perché “apre” al privato-investitore, pur con delle precise “regole e modalità” da rispettare e che il Legislatore ha recepito a maggiore tutela della componente Pubblica ; ne parleremo fra qualche riga: magari ci fosse stata questa spasmodica corsa a “comprarsi” Teatri, disastrati per giunta! Per certo è stata frenata qualche potenziale compartecipazione imprenditoriale di livello (…non di certo compensabile con la successiva introduzione dell’ ”Art Bonus” a cura del Governo attualmente in carica; risultati prodotti veramente modestissimi!).
Pertanto, entriamo un po’ di più ad esaminare gli aspetti tecnico giuridici che configurano i poteri e gli ambiti operativi dei “Consigli di Indirizzo”.
Innanzitutto non possono essere composti da più di 7 (sette) membri indipendentemente dal novero dei soci che partecipano alla Fondazione; infatti è stato contemplato -non a caso- che possano essere anche costituiti in associazione fra loro (per poter ovviamente ampliare il novero e la platea dei privati-investitori).
Sono stati ridefiniti i poteri del Presidente, ovvero del Sindaco (ammesso anche il conferimento a delegato di fiducia) che, di fatto, conserverà unicamente “rappresentanza giuridica” della Fondazione.
I poteri operativi sono tutti nelle mani del Sovrintendente (un vero e proprio “Amministratore Delegato”) nominato direttamente dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali su proposta del “Consiglio di Indirizzo” e non più, come avveniva nel precedente istituto giuridico, dal Consiglio di Amministrazione e scelto fra uno dei Consiglieri.
Il Collegio dei Revisori (tre in tutto) di totale appannaggio Pubblico, ogni rappresentante sarà espresso da: Corte dei Conti, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
La partecipazione a Socio della Fondazione e la dote finanziaria del privato-investitore (riuniti anche fra di loro in associazione) non potrà mai essere inferiore al 5% del complessivo contributo erogato dall’Amministrazione Centrale dello Stato e la partecipazione ai costi generali sostenuti dalla Fondazione dovrà essere perlomeno pari al 3% del totale.
Nel rapporto “Pubblico-Privato” in ambito di Fondazioni lirico-sinfoniche -fra i tanti temi che necessiterebbero di analisi ed approfondimento, magari prossimamente lo faremo con altri interventi dedicati- quanto appena descritto fino ad ora, può sicuramente assumere diverse chiavi di lettura interpretativa.
Il Sovrintendente scelto dal Ministero competente come, altrettanto, l’intero Collegio dei Revisori (Ministeri “Economia-Finanze”, “Cultura” e Corte dei Conti) rappresentano quel “sicuro ancoraggio” alle Istituzioni Centrali; d’altro canto per i privati-investitori precisi parametri econometrici, di partecipazione e ben delineati nel provvedimento legislativo (non possiamo entrare nei dettagli) corrispondono a percentuali importanti per impegno finanziario assunto.
Ora, invece, passiamo ad esaminare in maniera schematica (un articolo, purtroppo, non consente di più) le procedure di Restructuring & Turnaround contemplate nella “Legge Bray” e concepite come strumenti giuridici-amministrativi certamente innovativi, se “ragionati e pensati” per Teatri, che rappresentano purtroppo la quotidianità in altri contesti aziendali.
Non entreremo nei “sofisticati tecnicismi” delle Procedure Concorsuali in tema di distressed asset , ma focalizzeremo l’attenzione sulla “mediazione e veicolazione” dei medesimi, nella trasposizione dell’impianto e cercando di coglierne i principi essenziali in ambito di applicazione in ordine alle Fondazioni lirico-sinfoniche.
Innanzitutto la stesura e presentazione di un “Piano di risanamento”, contenente oggettive modalità attuative e strumenti capaci di immediatamente “mettere in sicurezza” tutte le voci di bilancio strutturalmente non in linea con il complessivo profilo patrimoniale ed economico-finanziario della Fondazione.
Nel “Piano di risanamento” deve essere dedicata una sezione ed attività specifica al “Piano di rinegoziazione e ristrutturazione del debito”. Viene richiamata, sfruttando l’opportunità di alcune “provvidenze finanziarie” (le vedremo a seguire) contemplate e previste nel dispositivo di Legge e qualora sussistano precisi e determinati requisiti, per instaurare trattative a “saldo e stralcio”.
Sempre il “Piano di risanamento” deve specificatamente e preventivamente contenere la descrizione di tutti gli strumenti ed attività che si utilizzeranno e si metteranno in campo per raggiungere nei tre esercizi finanziari: a) attivo patrimoniale, b) conto economico in equilibrio.
Volano e motore per avviare il processo virtuoso di risanamento e ristrutturazione -ribadiamo- insieme alla contestuale conservazione e/o presupposti di tutti i dettami di fruibilità della “Legge Bray”, sono l’accesso a due “strumenti finanziari ponte” previsti dalla determina e che contribuiscono sia a “tamponare” le falle più gravi, in particolare nel conto economico e nei flussi di cassa, quanto da ulteriore leva finanziaria e garanzia per far fronte a debiti certi ed esigibili da parte di terzi.
Ovvero la messa a disposizione per tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche di un “Fondo rotativo” a cui attingere per un ammontare complessivo di € 75 milioni con durata trentennale (art.11, comma 6); addirittura -nell’anno 2013- vista la conclamata situazione di default che stava già interessando alcune Fondazioni, venne previsto un plafond straordinario di € 25 milioni, preventivamente erogabile nelle more di definizione del complessivo “Piano di risanamento” (art. 11, comma 9).
Vengono poi previsti -in più parti e commi del dispositivo- specifici richiami a nuovi modelli di governance (in parte ne abbiamo trattato sopra) e ridefinizione di politiche del personale (amministrativo-tecnico-artistico) che, per fortuna, sono praticamente rimaste in naftalina (almeno per le determine più drastiche che il provvedimento di Legge richiamava) nei casi in cui prima di tutto “buon senso” e dialogo fra le parti, a seguire politiche efficaci di problem solving & operation solutions, hanno consentito non solo l’attuazione di un “Piano di risanamento” performante, quanto anche di rilancio sia in termini artistici ma, non scandalizziamoci, anche di aumento di produttività, crescita di fatturato e coinvolgimento (scouting-sollecitazione) d’importanti investitori, divenuti soci della Fondazione, esteri tra l’altro.
Legge perfettibile, migliorabile? Sicuramente sì; già alcuni ambiti tecnico-finanziari, andrebbero ricontestualizzati parimenti a quanto sta accadendo in altre fattispecie di distressed asset.
Ma, a quel tempo, bisognava mettersi nei panni dell’estensore del provvedimento, l’allora Ministro Massimo Bray e, per certo, la Legge nr. 91/2013 trasuda (fino a prenderne il “nome”) di tutta la passione, tenacia, forza di volontà messa in campo dal Ministro, dai suoi più stretti collaboratori e dai diversi esperti in materia che sono tecnicamente intervenuti nel perfezionamento, stesura e redazione della stessa.
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