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DOMENICO BARBUTO: “Più che la chiusura ci preoccupa la paura di ritornare nei luoghi di spettacolo”

Le nostre interviste al tempo del coronavirus

Domenico Barbuto è da novembre 2019 il coordinatore degli uffici della Presidenza Nazionale di AGIS (Agenzia Generale Italiana dello Spettacolo) e già dal giugno 2015 responsabile delle relazioni esterne ed istituzionali. Laureato in giurisprudenza, giornalista, è stato assistente parlamentare e portavoce di diversi dirigenti politici e rappresentanti istituzionali ed ha collaborato con numerose società nel settore della comunicazione e delle relazioni istituzionali.

 

Dott. Barbuto, Lei è stato fra i primi, ad inizio emergenza Covid-19, a lanciare un grido di allarme sul settore spettacolo dal vivo e prefigurando quello che poi sarebbe realmente accaduto. Altri avevano preso un po’ sottogamba. Quali erano state le spie che si erano accese?

Le spie erano, purtroppo, evidenti. Una situazione sanitaria che iniziava a dare i primi segni di complessità ha, sin da subito, acceso i riflettori su tutti quei luoghi, quegli spazi nei quali gli assembramenti sono parte dell’essenza stessa dell’attività che viene svolta. Non ci stancheremo mai di ribadire, però, che più della chiusura ci preoccupa la paura. Si può anche avere la possibilità di riaprire i teatri ed i cinema, ma fino a quando gli spettatori non torneranno a frequentarli con serenità il problema non sarà superato.

Sembrerebbe, anche leggendo il decreto ministeriale che ci porta alla “fase 2”, non uniformità nelle decisioni assunte in ambito cultura: musei, mostre, biblioteche sì alla riapertura dal 18 maggio, pur con accorgimenti e prevenzioni del caso; teatri, auditorium, luoghi di spettacolo no! Perché secondo Lei?

Perché, da tempo, si è deciso che i luoghi di cultura nei quali appare più complesso il distanziamento sociale debbano aprire per ultimi. Ma non è così. Prima di tutto perché, nel frattempo, si potrebbe consentire la riapertura per lavorare alle produzioni, per fare le prove, senza consentire l’accesso al pubblico, anche perché per un teatro non basta alzare una saracinesca. E poi si potrebbe anche iniziare a fare delle differenziazioni tra attività all’aperto ed al chiuso. La stagione estiva, in tal senso, potrebbe aiutare.

Come AGIS, invece, quali azioni state studiando?

Proprio per quello che le dicevo prima, abbiamo predisposto un protocollo per le riaperture che abbiamo sottoposto al Ministro Franceschini, così da fornire a lui ed ai suoi uffici uno strumento utile per le future interlocuzioni con il Comitato tecnico scientifico e con il resto della compagine governativa. Abbiamo, poi, presentato una serie di proposte, a partire dalla conferma dell’assegnazione Fus 2019 senza i criteri previsti in una condizione “ordinaria”, dalla possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali per venire incontro alla parte più colpita che sono i lavoratori del settore, a dallo stanziamento di risorse aggiuntive per la ripartenza. Tutte misure che, ad onor del vero, il Governo ha messo in campo ma che necessitano di un ulteriore rafforzamento.

Che tempi aspettano il mondo dello spettacolo, cosa impariamo da questa vicenda augurandoci che non si ripeta ancora?

Tanti dicono, forse un po’ superficialmente, che nulla sarà come prima. Certo, un cambio di abitudini ci accompagnerà per molto tempo. Io spero solo che questa vicenda ci insegni a comprendere e ad apprezzare ancora di più quell’esperienza unica che solo uno spettacolo dal vivo o un film visto in una sala cinematografica possono offrire.

Intervista a cura di Pino Management & Partners

 

 

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