Le nostre interviste al tempo del coronavirus
Elisabetta Brusa, regista molto conosciuta al pubblico del teatro d’opera per la fedeltà al testo e alla musica, è anche autrice. Vanta, fra l’altro, una significativa esperienza accademica. Docente di Arte Scenica presso il Conservatorio di Cosenza dal 1994 al 1998. Docente presso l’Accademia della Voce di Arte scenica a Brescia. Dal 2003 al 2015 è stata docente a contratto di Teoria e pratica del linguaggio teatrale all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nella stessa università dal 2011 è stata responsabile di Cantiere Teatro Ca’ Foscari, oggi Fucina Arti performative Ca’ Foscari. Laureata in Lingue e Letterature Straniere (ispanoamericano, tedesco) all’Università Ca’ Foscari di Venezia, nel 1981 consegue il Diplôme de Langue et Civilisation Françaises all’Université de la Sorbonne di Parigi, nel 1982 l’attestato di studio a la Escuela Nacional de Arte Teatral, Instituto de Bellas Arte di Città del Messico e nel 1983 l’attestato di studio a l’Institut d’Etudes Théâtrales, Université de la Sorbonne Nouvelle di Paris III. Dal 1984 al 1987 ha collaborato in qualità di assistente alla regia presso il Teatro La Fenice di Venezia, affiancando registi quali Jean Pierre Ponnelle, Pier Luigi Pizzi, Pier’Alli, diventando in seguito dal 1987 al 1994 assistente di Giancarlo Del Monaco e infine di Pier Luigi Samaritani. Dal 1994 firma regie di prosa, opera lirica e opera contemporanea in Italia e all’estero (Europa, Stati Uniti, Canada, Egitto, Messico, Cina, Corea del Sud, Giappone). Tra queste ha firmato la regia delle due farse comiche di Gioacchino Rossini, La cambiale di matrimonio e prodotti dal Teatro dell’Opera del Cairo, il Teatro La Fenice di Venezia e il Comitato Euro-Mediterraneo Culture dei Mari debuttando al Teatro dell’Alexandria Center of Arts, nell’ambito delle manifestazioni di apertura della Biblioteca di Alessandria d’Egitto (giugno 2002). Ha firmato nel novembre 2005 la regia di Rigoletto di Giuseppe Verdi, scene e costumi di Pier Luigi Samaritani, per il Teatro Regio di Parma, successivamente rappresentato all’Auditorium Nacional di Città del Messico e nel 2008 all’Arts Festival di Hong Kong. Per la Fondazione Arena di Verona-Teatro Filarmonico ha firmato, in prima assoluta, libretto, regia, scene e costumi dell’opera contemporanea di Alessandro Melchiorre Il maestro di go tratta dal romanzo del premio Nobel Yasunari Kawabata (ottobre 2008 edito da Rai Trade). Nella Biennale Teatro 2008 Mediterraneo, diretta da Maurizio Scaparro ha presentato a Venezia, nell’isola di San Servolo, In volo verso Simurgh percorso teatrale di sperimentazione tratto da Il verbo degli uccelli di Farid Add-din Attar. Nel 2014 firma la regia di Re pastore di Wolfang Amadeus Mozart al Teatro lirico Verdi di Trieste. Nel 2015 ancora una regia di Rigoletto di Giuseppe Verdi al Teatro dell’Opera di Tokyo. Dal 1987 è collaboratrice esterna Rai in qualità di regista, programmista, autrice di testi. Nel 1995 ha curato per Rai Tre la diretta da Sarajevo nella notte di Capodanno. Per Stream ha firmato dirette di opere liriche dal San Carlo di Napoli e dal Massimo di Palermo. Ha inoltre realizzato i dvd sulla storia del Teatro La Fenice dopo l’incendio del 1996 per Rai Uno e la storia del Carlo Felice di Genova. Dal 1999 ha lavorato all’organizzazione di eventi come La Festa della Musica (Comune di Milano) ed ha continuato a collaborare con il Comune di Milano come ideatrice e realizzatrice anche di altri progetti: i Natali del Mondo a Parco Trotter (in collaborazione con il Teatro La Scala), il Carnevale dedicato al Brasile (2000) e nel 2001 il Carnevale con il Pier Lombardo Eventi – Teatro Franco Parenti. Dal 2006 al 2010 ha realizzato con l’Associazione ACIES, di cui è Presidente, una manifestazione itinerante (voci, suoni, immagini, luci dal medioevo alla contemporaneità) in Monasteri e luoghi sacri del Veneto, promossa dalla Regione Veneto, che vedeva la partecipazione attiva dei monaci delle Abbazie interessate. Per il centenario della nascita di Carlo Goldoni (2007) ha realizzato a Venezia una mappa visionaria e notturna che prevedeva l’illuminazione dei diciassette luoghi goldoniani (tra case e teatri), che raccontavano attraverso un sistema di videoproiezioni, proiettate a terra e sui muri, la storia del commediografo (Città di Venezia, Azienda per il turismo, Università di Ca’ Foscari). In rappresentanza della Regione Veneto ha ideato la manifestazione di chiusura (Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi) per le celebrazioni dell’Olio Santo sulla tomba di San Francesco, presso la Basilica Superiore di Assisi (settembre 2009). Ha ideato e diretto il progetto che per la prima volta ha visto una discarica attiva diventare un centro di produzione culturale per il Comune di Sant’Urbano (Padova) Biogazia, le città hanno la forma del tempo, settembre 2008. Nel 2013 ha ideato Dominus Vobiscum , un esempio di liturgia gesuita in Cina, ricostruito attraverso lo studio dei documenti depositati alla Bibliothèque Nationale di Parigi, Basilica di San Marco, Università Ca’ Foscari, Patriarcato di Venezia, Istituto Confucio, Dipartimento di Studi dell’Asia e dell’Africa mediterranea di Ca’ Foscari, Consorzio dei Conservatori del Veneto. Per il lavoro svolto ha ricevuto il 16 dicembre 1995 dall’Università Ca’ Foscari il riconoscimento di “Cafoscarino” dell’anno (Associazione Laureati Università di Ca’ Foscari). Dal 2012 al 2018 è stato membro nel Consiglio Direttivo di Ca’ Foscari Alumni. Nel 2018 la sua regia di “Rigoletto” di Giuseppe Verdi ha inaugurato la Stagione del Teatro Regio di Parma con in scena il baritono Leo Nucci ed omaggio al 50° anno di carriera dell’artista.
Professoressa Brusa, prima di tutto: cos’è Fucina Arti Performative Ca’ Foscari?
Fucina Arti Performative Ca’ Foscari è un bellissimo progetto nato all’interno dell’Università Ca’ Foscari nel 2011 per volontà dell’allora rettore Carlo Carraro. In realtà all’epoca il progetto era nato come Cantiere Teatro Ca’ Foscari ed era un’estensione offerta agli studenti del corso che tenevo in Ateneo di Teoria e Pratica del linguaggio teatrale. Questo spazio fisico e mentale nasceva quindi per concentrarsi fondamentalmente sulla comunicazione teatrale, anche se conteneva fin dalla sua origine la volontà di indagare forme e linguaggi espressivi sperimentali e innovativi. Con il passare del tempo e grazie ad una serie di cambiamenti avvenuti all’interno della struttura universitaria, ho proposto di trasformare nel 2018 la realtà di Cantiere Teatro in quella di Fucina Arti Performative, stimolata dall’evoluzione del mondo, ma anche e soprattutto dalla vivacità di questo gruppo di ragazzi che andavano e venivano, provenendo in misura sempre più evidente da tutti i Dipartimenti dell’Ateneo e non più solo da quello di Filosofia e Beni Culturali. Questa nuova realtà nasceva così soprattutto per contemplare non tanto un lavoro di “formazione teatrale” quanto un lavoro di “formazione culturale della persona” che, basandosi sulle tecniche del linguaggio teatrale, avrebbe potuto aiutare gli studenti a trovare una modalità espressiva in qualsiasi ambito di studio. Credo oggi che tutti i ragazzi che scelgono di entrare in questo gruppo, e di restare, abbiano una specie di valore aggiunto. Sono studenti in grado di mettersi in discussione, di ascoltare gli altri, di partecipare al lavoro di squadra e, soprattutto, di attivare una capacità creativa e visionaria che sappiamo bene non essere un dono ricevuto, ma una componente del proprio vissuto che va perennemente allenata e che non riguarda solamente il mondo del teatro.
Come state vivendo questo particolare momento: lezioni e didattica. Tenuto conto che le sue non possono essere lezioni frontali e come si fa in palcoscenico?
Fucina non fa “lezione”. Fucina permette un’esperienza di vita. In questo senso ho lavorato con i ragazzi per rispondere in tempo reale al cambiamento davanti al quale siamo stati fin dalla fine di febbraio chiamati a reagire. L’esigenza e la voglia di diventare un servizio per l’Ateneo, che si apprestava a chiudere, partecipando attivamente alla vita della comunità cafoscarina ci ha fatto cambiare rotta. Abbiamo abbandonato velocemente il progetto sulla Ballata del vecchio marinaio di Coleridge, a cui stavamo lavorando, per costruire un progetto radiofonico con Radio Ca’ Foscari costituito dalla lettura di fiabe di paesi e tradizioni diverse, scelte e animate dai ragazzi e a volte anche dalle loro famiglie, con l’obiettivo di dedicare questo lavoro a tutti i bambini del personale cafoscarino e non solo, che si ritrovavano e si ritrovano costretti a casa. In questo lavoro stiamo coinvolgendo anche alcuni studenti/musicisti del Conservatorio di Venezia, attivando e approfondendo così anche con loro i principi di Fucina e cioè 1)Imparare a reagire velocemente davanti agli ostacoli 2) Imparare a capire come essere produttivi a seconda delle situazioni, non perdendo mai di vista il senso e i significati di ogni azione 3) Imparare a sviluppare linguaggi di comunicazione diversi, in questo caso quello con il mondo dell’infanzia 4) Imparare a coltivare uno sguardo globale senza rinunciare alla cura del dettaglio. La tecnologia fa tutto il resto permettendoci comunque di stare insieme e di riflettere su quanto sta accadendo intorno a noi senza smettere di fare ricorso alla nostra creatività e alla nostra capacità di visione. Inoltre, in questo specifico caso, c’è la scoperta della potenzialità della voce, elemento del corpo in grado comunque di costruire mondi e immagini e di diffondere energia positiva.
Più in generale: come pensa ne uscirà il teatro, in tutte le sue forme, da questo improvviso tsunami che si è abbattuto sulla collettività. Indebolito o rafforzato?
In molti oggi parlano della situazione del mondo dello spettacolo, settore certamente in ginocchio. Personalmente però sono d’accordo con quanto detto oggi da Meyer, Sovrintendente del Teatro alla Scala, cerchiamo di fare un concerto per settembre, se non riusciamo, aspettiamo. Ecco io penso che in questo tempo di chiusura bisogna allenarsi e studiare rimanendo in una postazione di seconda linea per essere pronti ed energici nel momento in cui potremmo ricominciare ad esistere. In questo caso il teatro potrebbe uscirne rafforzato. Se si arrabatta invece a trovare soluzioni pur di “esserci”, snaturando il suo carattere di “arte performativa” e senza utilizzare quest’occasione -anche se forzata- di ripensamento potrebbe invece uscirne indebolito. Certo ci vorranno degli aiuti economici statali insieme a forme intelligenti di finanziamento privato – e lì non entro nel merito – anche se mi auguro che finalmente si possano davvero trovare delle “nuove” forme per rilanciare in modo “nuovo” tutto il settore della cultura, che non può più lavorare a compartimenti stagni, perché la cultura è e rimane l’ospedale dell’anima, anche se Plotina in Memorie di Adriano identificava questo meraviglioso concetto con il solo sapere contenuto nelle Biblioteche. Fondare biblioteche del resto– e questa è un’importante riflessione dell’imperatore Adriano nello stesso libro della Yourcenar, che personalmente amo allargare a tutto il concetto di Cultura – è come costruire granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire…Ecco… se riusciremo ad ammassare ora buoni pensieri il nostro contemporaneo inverno dello spirito potrebbe essere breve. Se il Teatro -e la Cultura tutta, di cui il Teatro fa parte – ne uscirà indebolito o rafforzato dipenderà esclusivamente da noi.
Pensa nasceranno nuovi testi e sceneggiature che lasceremo ai posteri e che, in futuro lontano, porteranno in scena con la dizione “teatro al tempo del coronavirus”, alias dell’anno 2020 e forse seguenti?
Certamente, e per fortuna, nasceranno nuovi autori e nuovi testi capaci di interpretare il cambiamento e di accompagnarlo. Il bisogno di cultura è come l’acqua cristallina di un ruscello che scende dal monte, ci insegnano i giapponesi, e che se trova un ostacolo cambia strada perché a valle deve arrivare. Tutta questa tecnologia e tutta questa sofferenza dovranno pur servire a qualcosa. Questo “cambiamento”, di cui ormai si parla da tempo, che oggi si presenta nelle due fasi del breve (oggi e domani) e del lungo termine (dopo la ricostruzione) metterà sicuramente in campo nuovi aspetti dell’essere umano che potrebbe riuscire a trasformarsi in un uomo completo. Scienza, umanità, poetica, sostenibilità, tecnologia e economia si incroceranno sempre di più e da qui nascono e nasceranno tante e suggestive considerazioni, prima di tutto culturali. Non penso comunque sia necessario dichiarare l’etichetta di “teatro al tempo del coronavirus”. Una vera opera d’arte (e ci auspichiamo il ritorno di grandi intellettuali e di grandi artisti) nasce sempre con la prospettiva di andare oltre l’epoca in cui è stata scritta. Ci troveremo sicuramente di fronte ad un teatro nuovo in grado di rispondere ad una nuova sensibilità del pubblico e le due cose andranno avanti insieme lasciandosi finalmente un giorno alle spalle il ricordo di questa surreale epidemia. Per ottenere ciò che è grande ci vogliono grandi mutamenti scrive Bertolt Brecht nel suo Libro delle svolte. Dentro al grande mutamento ci siamo. Ora, che forse cominciamo ad intravedere con speranza una possibile uscita dal tunnel, non ci resta che concentrarci per arrivare ad ottenere, lavorando sostenuti per il momento solo da un silenzio rumoroso, ciò che è grande.
Intervista a cura di Pino Management & Partners
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