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Forlì: la mia città, le imprese e la cultura

Un ritorno anche alle origini

a cura di Ilaria Mazzotti

Giuseppe Pino è il fondatore della Pino Management & Partners, studio professionale attivo sulle piazze di Milano-Roma-Napoli, da dove coordina attività sull’intero territorio nazionale. In passato è stato manager in importanti società bancarie e assicurative (tra le quali SanPaoloIMI, Generali) e multinazionali dell’alta consulenza di direzione. Ha ricoperto anche prestigiosi incarichi di rappresentanza istituzionale: Presidente di Confassociazioni Sud Italia e Vice Presidente Nazionale di Confassociazioni Cultura (la più importante Confederazione delle associazioni libero-professionali), membro delle Commissioni Banche di AIFIRM (l’Associazione Italiana Finance, Industry Risk Managers).

 Da un po’ di tempo ti vediamo più presente nella nostra città di Forlì, dove tra l’altro risiedi. Sbaglio?

No, non sbagli! Non c’è dubbio che quest’anno di pandemia ha cambiato non solo stili di vita, ma anche la routine professionale di tanti. Fra cui la mia. Abituato a viaggiare molto per lavoro, a rientrare a Forlì nel fine settimana per ricongiungermi alla famiglia, mi sono ritrovato ad essere più stanziale nella mia città. Fortunatamente le tecnologie e il digitale hanno sopperito alla necessità di poter continuare a seguire attività in corso e nuove nei vari territori e contesti italiani, limitando gli spostamenti -seppur consentiti per ragioni lavorative- al minimo e all’essenziale. Spero però presto, quando sarà possibile, di poter riprendere il mio tran tran solito.

Però ci pare essere altro interesse oggi, da parte tua, su Forlì…

Guarda è la mia città d’adozione, seppur non di origine. Sono arrivato qui a gennaio del 1970, ad otto anni ancora da compiere, al seguito di un papà militare di carriera, sottufficiale nella Guardia di Finanza. Pertanto conosco molto bene la città! Qui è avvenuta la mia prima formazione fino alla maturità, anche culturale. Qui sono sempre rimasto a vivere mai spostando la famiglia, nonostante i tanti cambi di sede per lavoro: Bologna, Milano, Torino, Padova, Roma, Napoli. Qui conservo, oltre agli affetti più cari, anche amicizie forti e consolidate nel tempo. Venendo alla tua domanda: forse non tutti i mali (la pandemia, intendo…) vengono solo per nuocere. E, nei periodi in cui il lockdown ha allentato le maglie, consentendo spostamenti almeno nel circondario, ho incontrato diversi imprenditori. Abbiamo parlato delle tante preoccupazioni che il Covid19 ha generato, spesso sommandole a criticità che già perduravano almeno da due decenni sull’economia: crisi mondiale dei sistemi finanziari, a go go, mercati sempre più complessi, competitività fisiologicamente esasperata dal rapporto costi-ricavi alla ricerca spasmodica di marginalità e utili, vizi endemici di sottocapitalizzazione e dimensionamento delle nostre PMI, che impediscono crescita interna e sviluppi internazionali. Problemi, insomma, che affliggono anche la Romagna, pur restando la nostra realtà, nonostante tutto, ancora un’isola felice. Ma abbiamo parlato anche d’altro…

Di cosa?

Di cultura! Come ben sai, ormai da anni, affianco alla mia attività professionale nel campo dei management aziendali e della finanza strutturata con l’ausilio del private equity e venture capital, anche un’attenzione particolare alle imprese culturali. Con un taglio prettamente operativo, quello che so fare meglio, e non certo con un profilo accademico. Ci sono territori, ad esempio come quello Campano, ma non solo, che frequento ormai da anni, dove imprenditori investendo in cultura hanno indirettamente reinvestito nelle proprie aziende per il ritorno ottenuto nei rispettivi core business. Quindi non solo in immagine e reputazione. Senza poi voler considerare le ricadute economiche nelle aree interessate. Non io, ma ricercatori ed università prestigiose, hanno definito questo “modello cultura Campania” un’esperienza pilota e innovativa, capace di attrarre ulteriori risorse, anche finanziarie e generare nuove opportunità lavorative in più ambiti. Compreso quello artistico-culturale, che rimane uno dei più complessi e difficili. Pertanto sicuramente ancor più bisognoso di attenzione e dedizione.

E quindi anche il progetto di mettere in rete oltre 100 scuole di musica dell’Emilia Romagna potrebbe andare in questa direzione?

Certamente sì! Ma prima di tutto va preso atto del coraggio di queste scuole di mettersi in discussione in un momento così complicato e complesso che stiamo vivendo. Mi ha fatto piacere vedere come questo progetto abbia preso avvio proprio da Forlì e, da forlivese, essere stato chiamato a curarne la realizzazione. Veramente onorato!

Ma cosa bolle ancora in pentola? Tu non sei mai fermo…

Presto ci saranno novità a livello nazionale. Ma sicuramente altri sviluppi, oltre al progetto scuole di musica dell’Emilia Romagna, anche nella cara Forlì ed in campo culturale. Il lockdown ha, per così dire, agevolato un riavvicinamento alla mia città.  Aspettando tempi migliori per concretizzare attività ed a quando la pandemia, speriamo, sarà solo un lontano ricordo.

 

Ilaria Mazzotti è fondatrice e direttrice di “Accademia InArte”, scuola di musica di Forlì con all’attivo oltre 350 allievi ed è anche direttrice della Scuola Comunale di Musica “Glenn Gould” di Bellaria Igea Marina (RN) che annovera altri 120 allievi. Diplomata in violino e laureata in Scienze Politiche, ha conseguito diverse specializzazioni tra cui il Master in Gestione di Imprese delle Spettacolo (FSE, ATER, Efeso) ed ha collaborato con importanti Enti di formazione italiani tra cui ATER Formazione, Università di Bologna, Università La Tuscia di Viterbo e curato le ricerche in ambito teatrale per l’Osservatorio dello Spettacolo dell’Emilia Romagna.

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