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GLI STRUMENTI DIGITALI AL SERVIZIO DELLA CULTURA

di Domenico Annunziato Modaffari, Vice Direttore Centro Studi di Confassociazioni

cultura digitaleLe industrie culturali distribuiscono su larga scala beni e servizi destinati alla riproduzione, condivisione e al consumo di massa. Le nuove (ICT) tecnologie dell’informazione e della comunicazione (information & communication technology) costituiscono una solida leva che aumenta il potenziale economico dei settori culturali e creativi. Basti pensare ai nuovi servizi ed applicazioni come la pay tv, all’espansione della banda larga, alla digitalizzazione dei processi creativi, alle nuove piattaforme di comunicazione digitale, ai supporti applicativi di contenuti culturali e format di vario genere, alle librerie digitali, alle opere d’arte tridimensionali, al progressivo aumento delle reti museali, delle reti teatrali, dei parchi tematici, dei centri multimediali, dei distretti culturali.

Sono cambiate le modalità di produzione, gestione, distribuzione, fruizione, comunicazione e marketing della cultura. La traduzione dal linguaggio analogico in codice binario, il passaggio da supporti multimediali off-line all’avvento di modalità interattive nella distribuzione attraverso canali comunicativi differenti ha interessato tutti i settori del cultural heritage. Basti pensare alle arti visive, alla musica, all’opera, al teatro e al variegato panorama in cui si mescolano e si contaminano saperi, modelli artistici e prodotti culturali diversi tra di loro.

L’incontro tra industria culturale e le tecnologie digitali, ha innescato un processo di rapide e profonde trasformazioni. “Innovazioni di grande rilievo hanno investito sia i processi di gestione e di comunicazione dei beni culturali, sia le modalità di riproduzione di un’opera d’arte, il linguaggio digitale ha anche contribuito alla nascita di nuovi codici espressivi e di nuove forme d’arte” [1]. Una rivoluzione silenziosa che ha contribuito a ridisegnare il panorama culturale italiano e a ridefinire aspettative, prospettive e approcci inediti dell’economia della cultura.

“È in un simile contesto che va oggi interpretata la tradizionale aspirazione a promuovere un diverso stile di rappresentazione della cultura nei mezzi di comunicazione, nella prospettiva di poter favorire anche attraverso la vetrina mediale un più deciso allargamento dell’accesso allo straordinario patrimonio artistico e culturale di cui il nostro paese è depositario” [2]. E se è vero che la produzione di ricchezza, potere e conoscenza dipendono dall’abilità con cui si riesce a sfruttare i benefici dei nuovi sistemi tecnologici, mutuando l’affermazione di Castells, le reti tradizionali, anche quelli culturali, la cui domanda da parte del pubblico è in rapida crescita, saranno sostituite dalle reti di tipo olonico in grado di esprimere livelli più elevati di creatività, rapidità e flessibilità e pertanto più idonee a convivere con i repentini mutamenti dell’ambiente economico e sociale.

Le tecnologie digitali, la rivoluzione elettronica nella gestione delle reti, le potenzialità dell’e-learning, lo sviluppo delle infrastrutture immateriali definiscono il volto del nuovo capitalismo.

Parimenti l’innovazione nei media, l’esperimento di inedite strategie di diffusione dei prodotti culturali, a cui si accompagna un’offerta direttamente proporzionale alla crescente capacità pervasiva con cui si creano nuovi bisogni, costituiscono una seria opportunità per l’industria culturale e dell’intrattenimento nonché un serio volano di sviluppo per il sistema Paese [3].

Lo stretto connubio tra cultura ed economia viene confermato dalla Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione delle diversità di espressioni culturali entrata in vigore il 18 marzo 2007 nel cui punto 5 dell’art. 2 si afferma il principio della complementarità degli aspetti economici e culturali dello sviluppo. Poiché la cultura è una delle spinte fondamentali dello sviluppo, gli aspetti culturali dello sviluppo sono altrettanto importanti degli aspetti economici, e gli individui e i popoli hanno il diritto fondamentale di parteciparvi e di goderne. Dunque, non ci può essere sviluppo economico senza sviluppo culturale.

Il settore culturale è un asset strategico per l’Italia, ecco perché si rende necessario sviluppare azioni di sistema, stimolare nuove iniziative sinergiche, modelli organizzativi di gestione dinamici, aperti, interoperabili, best practice di promozione del patrimonio culturale esistente.

Creare modelli sostenibili di ricchezza, sostenere interventi pubblici e privati in una continua interazione tra autonomie locali, associazioni ed imprese del settore, favorire l’incremento dell’occupazione, migliorare la fruizione dei bene e dei servizi, incoraggiare il mecenatismo privato, utilizzare la crescita digitale (digital growth) come motore di innovazione tecnologica nei processi di promozione e diffusione dei prodotti culturali, valorizzare in un’ottica sistemica le potenzialità, le peculiarità e le tipicità dei nostri territori anche attraverso forme di finanziamento come i fondi del PON Beni culturali.

Le istituzioni nazionali e locali devono guidare l’innovazione, incoraggiare gli investimenti ad alto impatto tecnologico, tutelare la libera concorrenza e creare un terreno fertile affinché l’industria culturale italiana possa rispondere alle continue sfide del cambiamento tra passato e futuro, tradizione e modernità, sviluppo territoriale e globalizzazione.


[1] Comunicare la cultura, Antonella Pizzaleo, a cura di Fabio Severino, pag. 133 FrancoAngeli, Milano, 2007

[2] Un marketing per la cultura, Mario Morcellini, a cura di Fabio Severino, pag. 144, FrancoAngeli, Milano, 2005

[3] Il sistema evoluto delle reti d’impresa: le reti oloniche, Roberta Provasi, Working Paper elaborato nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Economia Aziendale Università di Pavia

 

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