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LUDOVICO SOLIMA: “L’economia della cultura, determinante nella ripresa”

Le nostre interviste al tempo del coronavirus

Ludovico Solima è Professore ordinario di “Economia e gestione delle imprese” e titolare della cattedra di “Management delle imprese culturali” presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, insegna anche “Management dei musei” presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Componente del CdA dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, è anche componente del Comitato scientifico dell’Associazione Civita, Consigliere scientifico dell’Ente Pio Monte della Misericordia nonché dell’Associazione Alessandro Scarlatti e componente del Comitato di Direzione della rivista scientifica “Economia della Cultura”, edita da Il Mulino. Da oltre venti anni realizza studi teorici e svolge ricerche sul campo, per conto di istituzioni pubbliche e private, in ambito museale e culturale. Ha partecipato, in qualità di relatore, a oltre 130 convegni, in Italia e all’estero. È autore di oltre cento contributi scientifici su libri e riviste nazionali e internazionali. Nel 2018 ha pubblicato il volume “Management per l’impresa culturale” nella collana “Studi superiori” della Carocci Editore. Per il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, con D.M. n. 582 del 31/12/2018, è stato nominato componente della Commissione di valutazione nella selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di Direttore del Parco archeologico dell’Appia Antica, del Parco archeologico dei Campi Flegrei e del Palazzo Reale di Genova. Con D.M. n. 499 del 3/11/2016 è stato invece nominato componente della Commissione di studio per l’attivazione del Sistema Museale Nazionale. Per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha curato la realizzazione del “Piano strategico 2016-2019” e dei Rapporti annuali di attività per gli anni 2016, 2017 e 2018.

 

Prof. Solima, i management culturali e più in generale il variegato mondo delle professioni culturali, come stanno reagendo alla luce della grave emergenza covid-19 ?

Più che di professioni, parlerei di operatori del settore culturale. E’ evidente come la pandemia abbia colto tutto di sorpresa, per cui nessuno ha avuto la possibilità di attingere a “piani di emergenza” o a soluzioni strutturate in precedenza. Nella stragrande maggioranza dei casi, quindi, la reazione al lock-down ha assunto i caratteri dell’improvvisazione. Mi sembra di poter rilevare che il denominatore comune sia stata la volontà degli operatori di mantenere il contatto con i propri pubblici, facendo leva sulle risorse digitali in quel momento disponibili. Coloro che quindi avevano in passato prodotti contenuti digitali (immagini, filmati, interviste, etc.), hanno riproposto tali contenuti – talvolta in modo piuttosto disordinato – in modo da cercare di ottenere una certa visibilità sulla rete. Va anche osservato che non sono però mancate le soluzioni maggiormente creative, come quella del Getty Museum con la riproposizione “indoor” di opere famose, che ha riscosso grandissimo successo. In termini generali, si è comunque assistito ad un significativo incremento nell’uso dei Social Media, che nella maggior parte dei casi hanno rappresentato l’unica possibile soluzione per mantenere aperto un canale di comunicazione con l’esterno.

Tecnologie sempre più sofisticate e processi di digitalizzazione sono ormai da anni terreno fertile nelle politiche di gestione e fruizione dei musei. Almeno in quelli con una maggiore vocazione all’innovazione. Tutto ciò costituirà un vantaggio competitivo rispetto agli altri un po’ più indietro o, fino a ieri, addirittura reticenti?

A mio modo di vedere, le risorse digitali costituiscono già ora un “asset” di fondamentale importanza per qualsiasi operatore del settore culturale. Quello che ancora manca è un salto culturale, che consenta cioè di non interpretare il digitale come una mera “estensione” del mondo reale, ma che attribuisca pari dignità a questi due mondi – quello analogico e quello digitale – ciascuno dotato delle proprie regole di funzionamento. Ritengo inoltre che si debba rafforzare il ricorso ad una logica di sistema nella gestione delle risorse digitali, che spesso vengono prodotte da soggetti diversi, in tempi diversi, ma sui medesimi temi, senza che però nessuno se ne renda conto: ho la sensazione che talvolta si finisca per duplicare gli sforzi solo per mancanza di informazioni. Infine, un approccio di sistema impone la messa a punto di una vera e propria “strategia digitale”, nella quale confluiscano tanto le azioni di comunicazione verso l’esterno (web e social media, in primis), quanto l’uso di soluzioni digitali per favorire il processo di gestione delle collezioni (data-base) e quello di fruizione on-site (app, soluzioni di realtà aumentata o virtuale, etc.).

Da più parti, ormai si dice, ci sarà anche nel mondo della cultura un prima ed un dopo coronavirus. Condivide questo pensiero?

In linea di massima condivido questa affermazione, perché penso che alcune barriere siano state abbattute; ad esempio, come accaduto per molte scuole e numerose università, quelle legate alla possibilità di veicolare contenuti educativi (e culturali) da remoto, in streaming, attraverso piattaforme in grado di creare luoghi digitali nei quali gruppi di persone (o classi virtuali) ascoltano un relatore ma sono anche in grado anche di interagire tra loro.

I management culturali, lo sappiamo, anche in tempi di crisi non godono di paritetica attenzione rispetto ad altri comparti del sistema Paese. Se dovesse avanzare richieste al Mibact, almeno un paio con carattere di priorità, quali?

Al Mibact tra le altre cose chiederei, come in effetti ho fatto, di avviare una campagna di ascolto nei confronti dei pubblici della cultura, in modo da conoscere le loro aspettative e i loro desiderata, non solo con riferimento alla “fase 2”, che stiamo attualmente vivendo, ma anche e soprattutto pensando al momento nel quale saranno state ripristinate – come ciascuno di noi auspica – condizioni di normalità.

Intervista a cura di Pino Management & Partners

 

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