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MARCO DI MAIO: “Se l’Italia fa l’Italia, ce la faremo”

Le nostre interviste al tempo del coronavirus

Marco Di Maio è un Parlamentare della Repubblica Italiana di “Italia Viva” e componente della Commissione Affari Costituzionali della Camera. Eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 2013 dopo aver vinto le primarie e sfidando altri sei candidati. Nel 2018 è stato confermato per un secondo mandato trainando la coalizione di centrosinistra alla vittoria nel collegio uninominale maggioritario Forlì/Faenza, dove era candidato senza alcun ‘ripescaggio’ o protezione. Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2002, dopo numerose esperienze professionali nel mondo dell’editoria e non solo, nel 2003 ha fondato il quotidiano RomagnaOggi.it. Dopo l’elezione in parlamento ha lasciato ogni carica e ogni ruolo all’interno del giornale e della società che lo gestisce. Nel 2009 è stato eletto Presidente nazionale di ANSO, l’Associazione che racchiude tutte le testate giornalistiche locali su internet, incarico ricoperto fino a marzo 2012. Il suo impegno politico è cominciato nel 2004 nel Comitato di quartiere di Villa Rotta-Carpinello del Comune di Forlì, poi nel 2007 con la nascita del Partito Democratico è stato eletto segretario del “circolo della Cervese”. Nel 2009, con 588 voti è stato eletto nel Consiglio Comunale di Forlì come secondo più votato tra oltre 600 candidati. Nel gennaio 2010 è stato eletto segretario territoriale del Partito Democratico, incarico che ha ricoperto fino all’ottobre del 2013. Nella prima legislatura alla Camera dei Deputati è stato componente della Commissione Finanze e della Commissione Affari costituzionali, Presidenza del Consiglio e Interni (in questo caso in sostituzione del ministro per le Riforme e i Rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi). Ha fatto parte della Presidenza del gruppo Deputati PD con l’incarico di segretario. Eletto parlamentare per la prima volta giovanissimo all’età di 30 anni , è nato a Forlì il 30 ottobre 1983, dove abita e risiede con la famiglia.

 

Marco, fin dalla primissima fase emergenziale, la crisi è stata gestita a livello governativo a suon di DPCM. Il Parlamento è forse stato messo altrettanto in quarantena?
Nella prima fase dell’emergenza è stato giusto adottare dei provvedimenti monocratici, urgenti e immediati. I tempi lo richiedevano. Successivamente ho trovato sbagliato, invece, la scelta di reiterare queste modalità escludendo non solo il parlamento ma anche il Consiglio dei ministri dalle decisioni del premier. Un’anomalia che si può accettare per un breve periodo di tempo, ma non è sostenibile e ammissibile questa modalità. Da componente della Commissione Affari costituzionali alla Camera mi sono battuto assieme ai miei colleghi per chiedere di introdurre una norma vincolante per il Presidente del Consiglio, che lo obblighi a confrontarsi preventivamente con il parlamento prima di adottare Dpcm inerenti la gestione delle fase 2 e delle fasi successivi dell’evoluzione della pandemia; e comunque di far prevalere lo strumento dei decreti legge rispetto ai Dpcm, essendo atti che richiedono il via libera di tutto il Consiglio dei ministri e offrono poi al parlamento la possibilità di apportare modifiche attraverso gli emendamenti. Con l’obiettivo, anche, di far prevalere le sedi istituzionali alle dirette Facebook, come è avvenuto per troppe volte. La forma è anche sostanza, il parlamento è il luogo più alto della rappresentanza dei cittadini, delle loro diversità, delle tante categorie economiche, sociali e culturali: per questo deve essere reso protagonista del processo decisionale, soprattutto in una fase di emergenza come questa.

Veniamo un po’ più nel dettaglio ai provvedimenti presi fino ad ora. Secondo te è stato fatto effettivamente tutto il possibile?
A mio avviso sì, è stato fatto tutto il possibile. Sia sul fronte della gestione dell’emergenza che ora sotto il profilo degli aiuti economici con stanziamenti e atti senza precedenti nella storia repubblicana, importi davvero cospicui. Tra il primo decreto economico e il secondo che uscirà a breve in Gazzetta ufficiale, sono stati stanziati oltre 70 miliardi di euro. Cifra gigantesca, che vale 2-3 manovre finanziarie: e siamo solo a maggio. Il problema a mio parere è l’attuazione di queste norme e l’erogazione effettiva delle risorse sui conti correnti di famiglie e imprese: allo sforzo economico deve corrispondere uno sforzo gigantesco di semplificazione dei passaggi burocratici, investendo di più sulla fiducia, sulle autocertificazioni e sui controlli della loro veridicità, piuttosto che mettere barriere di accesso ai provvedimenti.

Due aspetti, in particolare, hanno colpito gran parte dell’opinione pubblica. L’Europa presente/assente a fasi alterne, Le Regioni italiane, ed i rispettivi Governatori, che spesso sono andati in ordine sparso. Perché?

L’Europa sta assumendo decisioni, anche nel suo caso, senza precedenti. La BCE sta svolgendo il suo compito sul solco tracciato da Mario Draghi (fatto non scontato, come avevano dimostrato le prime improvvide dichiarazioni della presidente Lagarde) e la Commissione europea sta predisponendo stanziamenti e condizioni vantaggiose e mai viste prima. Anche qui il punto sono i tempi: meglio provvedimenti non perfetti, ma tempestivi che la ricerca ossessiva di una perfezione che comunque non si otterrà mai, lasciando passare altri mesi prima che i soldi messi a disposizione arrivino agli Stati membri e dunque a famiglie e imprese. Abbiamo bisogno di più Europa e di più velocità.

Il Premier ha già preannunciato più volte che ci aspetta un periodo molto complicato e  difficile. Certo, vengono chiesti sacrifici e senso di responsabilità a tutti. Ma saranno sufficienti e, soprattutto, come ci rialzeremo?

Sono ottimista sul fatto che ci rialzeremo perchè siamo un popolo che ha dimostrato in molte occasioni, recenti e passate, di saper affrontare le difficoltà con grandi capacità, spirito unitario e orgoglio patriottico. Certo, questa volta molto più che in altre emergenze, tutto il Paese verrà travolto e avremo bisogno non solo di sussidi economici, ma anche di una nuova visione (posto che ve ne fosse una prima) per lo sviluppo futuro del Paese. Con una grande attenzione non solo ai temi economici che sono di vitale importante; ma non si vive solo di quello e c’è bisogno di ripensare completamente il sistema educativo, quello dei servizi sociali e mi pare evidente che vada rivisto anche il modello di sanità perseguito negli ultimi anni. Puntare sui grandi ospedali sguarnendo i servizi di prossimità (pur non essendo questa la finalità, ma così è avvenuto), non ha pagato. E poi l’innovazione digitale: già in questi tre mesi abbiamo compiuto un balzo in avanti nell’uso delle tecnologie di qualche anno. Prevedo che nei prossimi mesi succederà altrettanto e in maniera più vigorosa, con molti aspetti positivi e qualche negatività da gestire. Ci rialzeremo, insomma, grazie all’intraprendenza del nostro popolo e grazie ad un cambiamento che, piaccia o no, attraverserà tutti gli ambiti delle nostre vite. Se l’Italia fa l’Italia, ce la faremo.

Conversazione con Giuseppe Pino, Owner & Founder di Pino Management & Partners

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