Le nostre interviste al tempo del coronavirus
Antonio Baiano, membro del consiglio direttivo della Camera di Commercio Italiana per il Sud Est Asiatico, consulente per l’internazionalizzazione d’impresa. Ha sviluppato processi di internazionalizzazione del Made in Italy in diversi settori, tra i quali agroalimentare, design, industria. Ha guidato per 10 anni Classe Italia, rete d’imprese dedicata all’export nel settore Food & Beverage. In passato ha ricoperto ruoli di export manager e di rappresentanza in alcuni paesi asiatici.
Dott. Baiano, come cambierà il mercato internazionale. Covid 19 sancirà un ante ed un post nei grandi rapporti e transazioni commerciali fra Paesi?
La diffusione del Covid 19 a livello pandemico ha immediatamente impattato sulle economie mondiali coinvolgendone fisiologicamente il commercio internazionale. Anche il commercio internazionale sarà quindi costretto a evolversi verso un format “4.0”. Aziende, importatori, operatori di logistica, buyers, dovranno sempre più abbandonare tutte quelle operazioni e attività “off line” che caratterizzavano tali filiere, puntando su trasformazioni innovative e digitali che si dovranno sempre più integrare.
Chi attualmente conserva accordi internazionali consolidati, quali cautele dovrà mettere in atto, quali consigli si sente di dare?
È ormai una certezza che la diffusione mondiale del coronavirus ha ed avrà un pesante impatto sui rapporti commerciali internazionali. Difficoltà ad ottenere ordini, adempiere ai contratti, catene di fornitura rallentate o ferme, problematiche riscontrabili nella logistica internazionale, aumento delle barriere commerciali, sono solo alcune delle problematiche che si sono immediatamente riscontrate. Al momento, il fattore fondamentale, sia per i piccoli che i grandi ordini, è la tutela. Dal punto di vista assicurativo due focus: la “causa di forza maggiore” clausola inserita nei contratti internazionali, nella quale sono elencati i classici avvenimenti, guerre, atti di terrorismo, calamità naturali epidemie, pandemie. Consente dilazioni nell’adempimento o una risoluzione del contratto se l’evento si protrae oltre un termine stabilito. La seconda è “l’hardship”, ovvero “eccessiva onerosità”, quando l’evento costringe a maggiori esborsi, ad esempio approvigionamenti e forniture diversi da quelli prestabiliti, oppure spedizioni più complicate di conseguenza più costose. Permette la rinegoziazione con parametri ben definiti o la risoluzione del contratto. Una particolare attenzione poi a tutte le clausole riguardo le payment conditions degli international sale contracts. Massima trasparenza e tempestive comunicazioni con i partner internazionali su ciò che concerne queste clausole e su tutte le possibili variazioni di contratto, sempre in un contesto di reciproca collaborazione.
E-commerce: nascerà un nuovo mercato internazionale, agli importatori tradizionali cosa accadrà?
La pandemia non potrà fare altro che attivare una ancor più rapida crescita degli acquisti online. L’e-commerce offre la possibilità di aprirsi al mondo sui classici canali B2C e B2B e potenzialmente anche verso il nuovo modello di business B2B2C. Per le nostre aziende, in particolare per le pmi, la sfida sarà potersi posizionare su quei mercati internazionali più “digital evoluti”: pensiamo alla Cina, mercato numero uno per dimensioni, l’area ASEAN dove i digital consumers nel 2018 erano 250 milioni e diventeranno 310 milioni entro il 2025 e non ultimo il mercato USA. Non è sufficiente un’ e-commerce sul proprio sito internet o posizionare i prodotti su grandi piattaforme consolidate. Bisognerà investire in operazioni mirate di Digital Marketing, Brand Positioning e tutto ciò che sarà necessario per non essere una goccia nell’oceano. Ciò significa rivedere modelli di business, strategie e anche le human resources dedicate all’export che obbligatoriamente dovranno avere un profilo sempre più digital. Le piccole aziende, saranno costrette a programmare attentamente i passi verso questa direzione. E’ importante che non facciano da sole, ma che valutino tutte le possibilità di collaborazione e aiuto. Le reti d’impresa, ad esempio, potranno essere un punto di forza nelle quali gli investimenti verrebbero condivisi per scopi comuni. Reti che dovranno essere altamente digitalizzate per essere competitive. Cambierà di conseguenza anche il modello di business degli importatori; molti di loro si sono già portati avanti, altri si stanno adeguando, trasformando il modo di proporsi ai propri clienti con format sempre più innovativi.
Cosa la preoccupa di più nell’immediato ed in questo momento di ancora grave emergenza?
Nell’immediato ciò che preoccupa è lo stato generale d’incertezza. Non abbiamo dati certi, indicazioni precise e strategie già pianificate. Ci siamo trovati in uno “tsunami” improvviso e inaspettato che ha letteralmente stravolto ciò che eravamo e ciò che facevamo. La preoccupazione maggiore è di come potrà reagire la “spina dorsale” della nostra economia, ovvero il gran numero di pmi che fino ad ora, con sudore, si sono guadagnate degli spazi a livello internazionale. E’ proprio qui che si giocherà la partita più importante. E’ indubbio che ci sia bisogno di liquidità alle condizioni più adeguate possibili, come è indubbio che sarà necessario anche un intervento come sistema paese. Il Made in Italy dovrà essere un brand da tutelare sotto tutti i punti di vista. Purtroppo con uno Stato che fa fatica e un’Europa un po’ latitante, il rischio di perdere tante piccole realtà nostrane d’eccellenza rimane alto.
Intervista a cura di Pino Management & Partners
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