Mecenatismo, affari o management culturali?
6 gennaio 2019
Enrico-Appiani - PinoManagement.it
Life Science & Information Technology
21 gennaio 2019

ART BONUS

Giuseppe Pino - PinoManagement.it
Un copione incompleto o da riscrivere?

Diciamocelo chiaramente: qualcosa non ha funzionato e continua a non funzionare. L’effetto auspicato non è accaduto. I rubinetti, che dovevano far scorrere fiumi di risorse finanziarie dalle imprese industriali alle imprese culturali non si sono aperti o, tuttalpiù, abbiamo visto fluire qualche rigagnolo, se non addirittura poche gocce. Non certo sufficienti ad irrigare un “terreno” (quello del mondo della cultura) che necessita, a mio avviso, non solo di acqua (risorse finanziarie) quanto anche di nuova linfa (modelli operativi).

Perché l’Art Bonus non ha sortito gli effetti sperati? Come mai non ha stimolato i “privati”? Eppure l’agevolazione fiscale, concessa alle imprese sostenitrici, non è di poco conto: un credito d’imposta pari al 65%. Allora dove si è inceppato il meccanismo? Quali le ragioni di questo mancato obiettivo che, in tanti, addirittura considerano un clamoroso flop?

Le motivazioni, a mio modesto parere, vanno ricercate in più direzioni; anche diametralmente opposte. Provo a tracciarne solo due, quelle che, secondo me, maggiormente hanno messo in crisi il sistema.

Il provvedimento -innanzitutto- pur nella sua felice intuizione, è apparso come un qualcosa di studiato a tavolino, piuttosto che frutto di un dialogo franco e aperto sul campo: ovvero con gli operatori culturali, professionisti e consulenti a vario titolo che si occupano di “infrastrutture culturali”. Oppure, se confronto c’è stato, al Ministero, nelle varie commissioni parlamentari; delle due l’una: con chi e da quale pianeta provenivano?

Vedete, non si tratta di essere ingenerosi verso il legislatore, in buona fede e tecnicamente ha fatto meglio che poteva, forse però non ha ben compreso -fotografato- il panorama artistico-culturale del Paese, gli è stato mal rappresentato oppure, sarebbe ancora più preoccupante, si sono ascoltate solo le voci di alcuni. Proprio così, perché l’Art Bonus, così concepito, non è uno strumento a cui tutte le realtà culturali possono accedere. Basta leggerlo semplicemente anche per sommi capi (e nulla è valsa anche una successiva rivisitazione) per comprendere quanto sia selettivo e talvolta elitario nello stabilire chi può usufruirne e chi no. Talvolta si fatica veramente a comprenderne la logica (tanti sono, solo per fare un esempio, i teatri con una lunga e prestigiosa storia, nonché “nome-blasone”, tagliati fuori). Poi, paradossalmente e levandoci anche dalla mappa delle istituzioni culturali prestigiose e riconosciute, non tiene minimamente conto di un “Associazionismo Culturale” diffuso e strutturato da Nord a Sud -una sorta di PMI della cultura italiana- che ne avrebbe conservato maggiore bisogno ed ottenuto migliori benefici.

Forzo ancora di più il mio ragionamento: è stato concesso un privilegio solo “ai grandi” (seppur a macchia di leopardo e con molti distinguo opinabili), ci si è quasi totalmente dimenticati dei “piccoli” soggetti culturali e che in gran numero operano nelle province e nei territori periferici. Quelli che quotidianamente faticano di più ed ammirevolmente “producono cultura” fra mille difficoltà e per i quali l’Art Bonus sarebbe stato provvidenziale; manna dal cielo.

Altra questione. Ma secondo voi, i processi produttivi e gestionali di un museo sono identici a quelli di un teatro? Quelli di una biblioteca ad un sito archeologico? L’Art Bonus, nel merito, non fa alcuna distinzione. Resta e rimane un freddo strumento finanziario di agevolazione fiscale, non ponendosi minimamente il problema, ad esempio, che gestire “spettacolo dal vivo” piuttosto che “organizzare esposizioni e mostre”, sottopone a dinamiche completamente diverse. Interagendo con discipline sempre più specialistiche e specializzate dei management culturali (quelle che si decantano nei pochi “manuali buoni” ma che faticano ancora a trovare applicazione). Forse che, facendo un paragone, parlare di un’azienda di fashion, piuttosto che alimentare o di servizi possiamo trattarle alla stessa maniera? Certo: tutte imprese sono, ma differenti per segmento e tipologia. Perché, invece, nella cultura si tende a massificare ed omologare tutto?Musei - PinoManagement.it

In conclusione: le intenzioni che animavano ed ancora oggi animano il ricorso all’Art Bonus erano e restano sicuramente buone. Ma, ancora una volta, non si è voluto fare i conti con la realtà; con chi quotidianamente opera e lavora nel mondo della cultura. Soluzioni “calate dall’alto” che poco si attagliano con la “praticità” (spesso del fare necessità virtù) rispetto a modelli teorici talvolta criptici e teoremi dalle difficili soluzioni.

Cambiare rotta finchè si è in tempo! Se vogliamo veramente bene alla cultura, auspicando norme facili e semplici anche in materia. Teatri e musei, in particolare, ancora oggi soffrono tanto. L’Art Bonus non è stata una medicina sufficientemente efficace a guarire mali cronici come -per l’appunto in questo caso- compensare ed integrare l’endemica mancanza di mezzi finanziari.

 

Giuseppe Pino, Owner & Founder “Pino Management & Partners”

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi